Descrizione |
Abelardo rappresenta il paradigma di un intellettuale che, con la prerogativa della ragione analitica, capace di penetrare l'irrazionalità (almeno apparente) del reale, con la formulazione di un pensiero da trasmettere con l'insegnamento, ha avuto la durata di quasi un millennio. A questo modello infatti fanno capo, anche nel XX secolo, tra i due conflitti mondiali, M. Weber e soprattutto A. Gramsci, che parla di intellettuali organici alla società. Nel secondo Novecento tuttavia gli interessi imperialistici ed economici, connessi con la paura incombente di una nuova guerra planetaria, hanno determinato il termine del lungo ciclo, con la fine della ragione come unico strumento epistemologico. In questo clima emerge, quasi ricerca di una risposta alternativa, per il carattere di minore razionalità, riconosciuta per diffuso giudizio (o pregiudizio), l'importanza dell'agiografia, secondo polo di riflessione nello studio pubblicato per la prima volta in Intellectuals and Writers in the Fourteenth Century Europe. The J.A. Bennet Memorial Lectures, Perugia 1984 Tübingen-Cambridge 1986 pp. 7-21. Per individuare una convergenza tra i due aspetti occorre oltrepassare l'alto medioevo e la lunga, lenta costruzione di una societas christiana. Dopo il Mille tuttavia inizia a sorgere un senso di insuccesso, innanzitutto nella riforma gregoriana, con le sue istanze di libertas ecclesiae, sostenuta da teologi, polemisti e canonisti; più tardi anche nell'esperienza di Francesco d'Assisi, per l'ambito della mistica, con il riconoscimento che la nuova vita per il cristiano è possibile solo cogliendo l'aspetto umano di Dio, nella sofferenza, ma anche nella povertà. Questi tentativi però svaniscono con la teocrazia di Bonifacio VIII, seguito dall'asservimento del potere spirituale alla monarchia francese. L'età avignonese infatti riduce la cristianità a politica e cultura universitaria o proto-umanistica. In questi due ambiti rientrano i processi di canonizzazione, rispettivamente di Ludovico d'Angiò e Tommaso d'Aquino, malgrado, per quest'ultimo, le riserve che sul suo pensiero nutriva anche una parte dell'ordine domenicano. In quest'epoca la Curia pontificia è invece refrattaria alla valenza mistica di ascendenza francescana, quale esprime una donna come Chiara da Montefalco, molto vicina all'Assisiate, soprattutto nel concepire la sofferenza, ravvisabile nel simbolo della croce, come momento chiave nel recupero della compenetrazione fra uomo e Dio. Nel 1318-1319 infatti il procedimento per riconoscere la sua santità si interruppe. Del resto un simile modello non esprime in pieno l'insoddisfazione e la critica per l'inveramento della fede cristiana nella storia, secondo invece la denuncia di un'altra figura: il profeta, che coglie il convergere tra contingenza, soprattutto politica, e compimento messianico alla fine del mondo. Si tratta di un'immagine che compendia agiografia e intellettualità, non nella valenza abelardiana, ma per l'interpretazione di un ruolo posto al di sopra della società. La profezia, presente tanto nell'Antico, quanto nel Nuovo Testamento come annuncio, rispettivamente del Cristo venuto e venturo, percorre tutto l'alto medioevo, con alcuni momenti nodali: Salviano di Marsiglia, Gregorio Magno, che riconosce la prerogativa ai vescovi, prima che, per lo specifico carattere di guida del popolo cristiano, senza distinzioni etniche o di appartenenza a una precisa entità statale, Giovanni Immonide, che attribuisce la profezia ai papi e infine a Gregorio VII. Ma è in particolare con Gioacchino da Fiore che un simile compito raggiunge l'apice; nella stessa epoca però, termina la sua connessione stretta con il clero, nel momento del suo intersecarsi con la vicenda del martirio patito da Thomas Becket. Francesco d'Assisi che pure sembra incarnare nella sua persona il messaggio gioachimita, mantiene la carica profetica solo come una potenzialità non espressa. Nel XIV secolo, la capacità di guidare e rappresentare il popolo cristiano raggiunge il suo livello più basso; l'interesse dei profeti non verte più sulla politica ma si concentra sulla chiesa. Alle più alte gerarchie ecclesiastiche, rette da uomini, si rivolge in questo periodo soprattutto una giovane donna: la terziaria domenicana Caterina da Siena che, seguita nei suoi spostamenti da devoti di sesso maschile, si rivolge ai papi per apostrofarli, minacciarli, esortarli al bene e ai suoi precetti teologici con un linguaggio crudo, veemente, irriguardoso. Dei suoi inviti alla crociata, alla pacificazione cristiana, al ritorno della sede pontificia a Roma, si realizzò solo quest'ultimo trasferimento, seguito però dal Grande Scisma: una perdita di universalità storica che si ripercosse sulla dimensione dell'intellettuale, che da allora accrebbe la sua connotazione abelardiana. Il ruolo del profeta termina nel Quattrocento, con Savonarola e Tommaso Moro. A questo punto è totale la divaricazione dall'agiografia che si rifugia nell'intimismo e nel misticismo (che è altro rispetto alla mistica). |
Argomenti |
Abaelardus Petrus n. 1079, m. 1142 Agiografia Biblia sacra, FORTLEBEN Bonifatius VIII papa n. 1235 ca., m. 11-10-1303 Catharina Senensis OP n. 25-3-1347, m. 29-4-1380, Vitae, miracula, passiones, translationes et alia hagiographica Clara de Cruce, apud Montem Falconem abbatissa n. 1268, m. 17-8-1308, Vitae, miracula, passiones, translationes et alia hagiographica Franciscus Assisiensis n. 1182, m. 4-10-1226 Gregorius I papa n. 540 ca., m. 604 Gregorius VII papa n. 1025/1030, m. 25-5-1085 Hieronymus Savonarola n. 21-9-1452, m. 23-5-1498 Ioachim de Flore n. 1135 ca., m. 30-3-1202 Iohannes Hymmonides n. 825 ca., m. 30-6-876/16-12-882 Ludovicus Tolosanus OFM m. 1297 ca., Vitae, miracula, passiones, translationes et alia hagiographica Predicatori Salvianus Massiliensis presbyter Thomas Aquinas OP 1225-1274, Vitae, miracula, passiones, translationes et alia hagiographica Thomas Becket n. 21-12-1117, m. 29-12-1170 Thomas Morus n. 6/7-2-1477/1479, m. 6-7-1535 |