Descrizione |
Bruno di Colonia, sebbene fondatore della Certosa a Grenoble, non fu un uomo avulso, nell'eremitismo, dalla concreta realtà soprattutto politica e teologica del suo tempo. Al contrario la riforma della chiesa dopo Gregorio VII costituisce il quadro di riferimento per comprendere la sua figura religiosa, la sua opera e il suo retaggio spirituale. Anche il suo opporsi, a Reims, dove dal 1056 era scholasticus e canonico della cattedrale, all'elezione, nel 1075, dell'arcivescovo simoniaco Manasse (che comunque mantenne la carica, con il favore di re Filippo di Francia) corrispose a profonde convinzioni gregoriane: la lotta per la libertas ecclesiae, ovvero l'affrancamento del potere spirituale, nella sua prerogativa specifica di guida per i cristiani nella storia, dall'autorità secolare, regia o imperiale che fosse, secondo il modello, descritto da Eusebio di Cesarea, dell'imperatore Costantino, quindi Teodosio e tutta la tradizione bizantina. Si apriva, al principio del secondo millennio, un inedito orizzonte che, per quanto a rischio di scadere nella teocrazia, ha impresso un deciso segno all'Occidente. Sul momento però, tra gli anni '70 e '80 del secolo XI, la sconfitta nella lotta alla corruzione ecclesiastica del santo lo costrinse all'esilio, prima, dal 1077, alla Sèche Fontaine, poi alla già citata Chartreuse, fondata nel 1084. Da questa singolare esperienza monastica lo trasse, tra il 1089 e il 1090, l'invito a fare da consigliere a papa Urbano II. Fu questa l'occasione per accompagnare il pontefice nel viaggio in Italia meridionale dove il Certosino abbandonò definitivamente il secolo, per ritirarsi in una nuova fondazione, presso la località di Serra, nell'attuale provincia di Vibo Valentia, dove sarebbe morto, a 75 anni, il 6 ottobre 1101. Le sue scelte monastiche derivano dalla commistione del più puro cenobitismo, in forma diversa dal tipo cluniacense, con l'eremitismo. Al primo aspetto risalgono i tratti di obbedienza e mantenimento di alcuni tratti di vita comune, oltre al lavoro inteso come una pratica di elevazione anche per l'anima. Al secondo aspetto fa capo la scelta della solitudine, mai intesa come isolamento, ma ricerca di silenzio e vacuità interiore per il migliore incontro con Cristo. Infatti nella spiritualità certosina è centrale la mistica, come risposta al problema storico che aveva coinvolto da vicino il fondatore, impegnato nell'ultima fase della sua esistenza a trovare il contatto con analoghe esperienze eremitiche rintracciabili in Italia meridionale, ricca di suggestioni orientali, antiche e contemporanee. Sono prova del percorso bruniano le uniche due epistole sicure per autenticità: una lettera a Rodolfo il Verde, vescovo di Reims, e uno scritto più tardo ai Certosini di Grenoble. Si tratta di due testi che l'A. analizza per individuare in entrambi il tratto saliente della gioia del dialogo incessante, istituito nel silenzio certosino, tra uomo e Dio. Il saggio è apparso in origine come introduzione al volume: San Bruno di Colonia: un eremita tra Oriente e Occidente Soveria Mannelli 2004 pp. 3-12 (cfr. MEL XXXII 13266). |