Descrizione |
Alla santità del medioevo mostra plurime connessioni, per riferimenti personali e concettuali, la clarissa Giovanna Maria della Croce, al secolo Bernardina Floriani (1603-1673) da Rovereto. Lo dimostra in particolare la sua autobiografia che lo studio introduceva nella sua prima sede di pubblicazione: Giovanna Maria della Croce, Vita Spoleto 1995 pp. IX-XLVI. Si tratta di un testo, scritto tra 1636 e 1656, in tre parti intessute da un filo cronologico sempre più tenue con il procedere della narrazione. Al centro dell'interesse stanno piuttosto apparizioni e locuzioni divine o mariane, ma soprattutto estasi nuziali e immagini di santi medievali, in primo luogo Francesco d'Assisi. Sul suo esempio il culmine mistico consiste nella teandria, cioè la vicendevole incorporazione tra Dio e uomo, che raggiunge il Padre, per assimilazione al Figlio, in seguito all'intervento dello Spirito Santo. La dimensione trinitaria infatti è costante nella contemplativa roveretana, come rivela la visione del Golgota con Giovanni e Maria ai piedi della croce. Questa esperienza implica una serie di richiami allegorici fra le tre figure e la religiosa che assiste alla scena, con la compartecipazione alla vicenda attraverso la condivisione dei tre cuori, prima dell'apostolo, poi della Vergine e quindi di Cristo. In effetti la particolare devotio sacri cordis è in piena sintonia con il contemporaneo Giovanni Eudes e la poco più tarda Margherita Maria Alacoque. Altri spunti, più problematici di connessione con la coeva realtà religiosa sussistono nella relazione con la gerarchia ecclesiastica e con i vari confessori imposti alla donna, a parte il francescano Tommaso da Olera, autentico maestro di spiritualità, nel clima di controllo post-tridentino. L'attrito tra la libertà e l'obbedienza si risolse con un approdo spirituale, non concreto delle singole aspirazioni proibite, come la confessione frequente. |