Agobardo, vescovo di Lione nel IX secolo, rivestì senza dubbio un ruolo politico e religioso importante all'interno della sua diocesi. Famoso non solo per i tentativi di riformare la chiesa, ma anche per i difficili rapporti con Ludovico il Pio, di lui sopravvivono i trattati, che ne testimoniano la complessa personalità e il fervore religioso. Questi costituiscono un documento prezioso delle difficoltà che il vescovo di Lione dovette incontrare non solo nell'ambito della riorganizzazione pastorale della diocesi, ma anche nella difesa dell'ortodossia contro ogni tipo di eresia, nel rapporto con la numerosa e importante comunità ebraica di Lione, nonché nella lotta contro ogni forma di superstizione. Ed è proprio ai quattro trattati agobardini sulla superstizione che è dedicato questo volume, che offre un'introduzione alla lettura e una traduzione, corredata di note di commento, del testo latino del
De grandine et tonitruis, del
De Iudaicis superstitionibus et erroribus, dell'
Adversus legem Gundobadi e del
De quorundam inlusione signorum, ivi riproposto secondo l'edizione di L. van Acker
(
Agobardi Lugdunensis Opera omnia Turnhout 1981; cfr. MEL VIII 67). Il volume si apre con una presentazione a cura di G. Germano, nella quale non solo sono ripercorse le tappe principali che hanno caratterizzato gli studi intorno alla trattatistica agobardina condotti dall'A., ma è anche fornita una sintesi dei risultati più importanti che sono stati discussi dalla medesima all'interno della presente edizione (pp. 9-13). L'A., infatti, ritiene che Agobardo possa essere stato circondato da un certo numero di collaboratori, i quali, avendo a disposizione la ricca raccolta di codici della biblioteca della cattedrale di Lione, potrebbero aver svolto per conto del vescovo una vera e propria attività di
excerptores. Tali liste di
excerpta pare che abbiano obbedito ad alcuni precisi criteri stilistici, come, ad esempio, quello della brevità. Ugualmente interessante è, poi, l'individuazione a opera dell'A. di una vera e propria struttura retorica all'interno dei trattati di Agobardo, che possono costituire la spia di una sopravvivenza, nell'ambito della cultura carolingia, di una solida eredità della retorica classica. Si tratta, questa, di un'acquisizione nuova rispetto alla critica precedente, che vedeva nello stile di Agobardo nulla più che l'avvicendarsi di citazioni bibliche e patristiche intervallate dalle osservazioni personali dell'autore. In realtà l'esistenza di una dotta matrice retorica all'interno dei trattati agobardini, ivi ipotizzata dall'A., sembra essere molto probabile, come dimostra l'enfasi che il vescovo poneva alla sezione della
confutatio, che in passato non era mai stata evidenziata. Alla prefazione segue l'introduzione, nella quale sono ripercorse le tappe principali che hanno caratterizzato la vita, l'opera, la lingua e lo stile di Agobardo di Lione (pp. 21-44). Il primo capitolo (pp. 45-50) è dedicato alla tradizione manoscritta (sul ms. Paris, BNF, lat. 2853; si elencano i codici di contenuto agobardino Paris, BNF, lat. 1745, lat. 2315, lat. 4841, lat. 8917, lat. 2113; Arsenal 717; Angers, BM, 277; Dijon, BM, 108 [77]; Admont, Stiftsbibl., 162; Fulda, Hessische Landesbibl., Aa 20; Lyon, BM, 618; Montpellier, Bibl. de l'Ecole de Médecine, H 404; München, BSB, Clm 16085; Roma, Vallicelliana, B 58 e G 93), alle edizioni a stampa e al Fortleben dei trattati agobardini (pp. 45-50). I capitoli dal II al V sono invece dedicati all'analisi del contenuto, della struttura retorica, della lingua, dello stile, delle fonti ebraiche (ove presenti), nonché dell'intertestualità classica, cristiana, patristica e medievale dei quattro trattati agobardini accomunati dalla tematica della superstizione. In particolare, il secondo capitolo offre un'analisi del
De grandine et tonitruis (pp. 51-72), il terzo si occupa dell'
Adversus legem Gundobadi (pp. 73-92), il quarto verte sul
De Iudaicis superstitionibus et erroribus (pp. 93-134), infine il quinto capitolo si concentra sul
De quorundam inlusione signorum (pp. 135-52). La seconda parte del volume contiene il testo latino, la traduzione italiana e le note esplicative e di commento ai quattro trattati. Proprio le note di commento rappresentano uno dei maggiori punti di forza del volume perché contengono il distillato di un'approfondita indagine non solo filologica, linguistica e retorico-stilistica, ma anche storica, antropologica e storico-economica. Per quel che concerne le fonti cui Agobardo attingeva, le note di commento evidenziano il ricorso a testi che talvolta possono sorprendere, come ad esempio le
Antiquitates di Giuseppe Flavio e il
De principiis di Origene. Chiude il volume la bibliografia, divisa per repertori bibliografici, edizioni critiche delle opere di Agobardo di Lione, manuali, fonti antiche e fonti medievali, nonché per autori e opere citati (pp. 295-317). (Nicoletta Rozza)
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