Saggio già apparso in
Studi in onore di Italo Siciliano I Firenze 1966 pp. 289-307. Il problema della discussa autenticità della
Vita, attribuita a Ildegario di Meaux, successore di Farone al soglio episcopale di quella diocesi, investe il trattamento delle fonti storiche nei testi agiografici e i rapporti di questi con la letteratura popolare. L'A. si inserisce nel dibattito soffermandosi sul carme conservato all'interno della
Vita, proponendo un'analisi delle tecniche compositive di Ildegario da mettersi a confronto con il contesto culturale in cui si trovò a operare. Nel corso del saggio, il carme viene sottratto all'ambito epico delle chansons des gestes e riportato in quello agiografico e lirico, a cui anche formalmente sembra appartenere. La
Vita è pervenuta in due redazioni (l'A. non si sofferma sui problemi autoriali: se entrambe siano da attribuirsi a Ildegario o quanto abbia pesato l'intervento dei copisti), oggetto entrambe di varie edizioni non tutte soddisfacenti. Tra le più affidabili l'A. cita quella di B. Krusch per la
recensio maior (basata su 5 mss: Carpentras, BM, 1819; Amiens, BM, 467; Bruxelles, BR, 11759 [3176]; Saint-Omer, BM, 716, Paris, BNF, lat. 11759), che riporta anche le lezioni del ms. Paris, BNF, lat. 13763, testimone della
recensio minor, grazie a cui si apprende che il carme era presente in entrambe le redazioni. Il confronto tra le due versioni dimostra che nella maggiore vi sono probabili interpolazioni ma che Ildegario dovette concepire da subito il carme come un inno panegirico o un poemetto agiografico - indicativo in tal senso sarebbe proprio uno dei passi più controversi: il fatto che venisse eseguito con cori ritmati dal battito di piedi femminili, abitudine secondo l'A. diffusa intorno alla metà del secolo VII, epoca a cui risalgono i fatti narrati nella
Vita. Un altro punto dibattuto è l'ultima strofa, perché sembra che la narrazione verta su fatti che precedono e non concludono il racconto, mentre l'A. la interpreta come una considerazione morale che sigilla tutta la storia, tratto frequente nella produzione agiografica. Altro dettaglio che suscita l'interesse dell'A. è la competenza di cui Ildegario farebbe mostra qualificando (ormai nel secolo IX) il carme popolare di epoca merovingia
iuxta rusticitatem, cioè scritto in quel latino popolare con numerosi inserti volgari (come la
Vita ritmica di san Zenone). Ildegario riesce a riprodurre meglio la ritmica del canto popolare, con numerosi anisosillabismi e strofe tetrastiche, piuttosto che il lessico, troppo letterario e storicamente distante. Nelle conclusioni l'A. torna ai temi centrali delle sue ricerche prosodiche e osserva che la somiglianza che l'incipit del carme mostra con versi incipitari di tropi o sequenze evidenzia caratteristiche comuni all'innografia latina (corale) e alla poesia lirica volgare (monodica), sottolineando - ancora una volta - il rapporto di derivazione della seconda dalla prima. (Elisabetta Bartoli)
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