Studio delle glosse di epoca carolingia all'
Ars grammatica di Prisciano, tratto dalla tesi di dottorato dell'A. Il volume si divide in due grandi sezioni. La prima, intitolata «La grammaire latine, Priscien et les MaÎtres carolingiens», è discorsiva ed è a sua volta ripartita in tre capitoli; la seconda, intitolata «Instruments», comprende una serie di tabelle, elenchi e grafici utili a supportare le considerazioni esposte nella prima sezione. Nella prima parte del capitolo 1 («Enseignement et apprentissage de la grammaire latine»), intitolata «L'étude de la grammaire», l'A. delinea i caratteri dell'insegnamento della grammatica nell'alto medioevo, presentando i problemi pedagogici e le soluzioni adottate per conciliare cultura cristiana e testi pagani. Tra le fonti utilizzate si ricordano alcune raccolte di
auctoritates, come la
Sententia Hieronymi de utilitate grammaticae, scritta per giustificare l'insegnamento della grammatica, e il
Liber in partibus Donati di Smaragdo. L'A. si concentra poi sul rinnovamento degli studi grammaticali in epoca carolingia, sul
cursus studiorum, sui maestri e i libri di grammatica. Il metodo di insegnamento seguito era a grandi linee lo stesso dell'antichità, basato sull'
enarratio, vale a dire la lettura e la spiegazione dei testi, spesso condotta in forma dialogica. Dopo aver così delineato il contesto storico-pedagogico, l'A. si focalizza sull'uso scolastico dell'
Ars di Prisciano, testo riservato all'insegnamento grammaticale di secondo livello, per allievi di circa 15-20 anni. I manoscritti presentano formati diversi; la presenza di glosse legate all'insegnamento è molto comune nella tradizione dell'
Ars. La seconda parte del capitolo 1, intitolata «L'autorité de Priscien», riassume la biografia e le opere autentiche di Prisciano (
De laude Anastasii,
De figuris,
De metris,
Praeexercitamina,
Liber de accentibus - perduto -,
Periegesis,
Institutio de nomine, pronomine et verbo,
Partitiones) e quelle a lui erroneamente attribuite, tra cui le spurie
Carmen de ponderibus e il
De accentibus, un'opera anonima di origine spagnola. Un paragrafo è dedicato alla struttura dell'
Ars e alle sue innovazioni rispetto all'
Ars di Donato. Sono trattate anche le novità apportate dai carolingi allo studio della grammatica, che consistono principalmente nell'adozione dell'
Ars di Prisciano come testo per l'apprendimento della materia a livello avanzato e nella riabilitazione della disciplina della dialettica. Il secondo capitolo («La réception carolingienne de l'
Ars Prisciani») approfondisce il tema, già trattato cursoriamente, della ricezione altomedievale dell'
Ars di Prisciano. Nella prima parte («Les livres») l'A. offre una sintetica panoramica della fortuna dell'opera: dal VI al IX secolo è molto rara, mentre l'
Institutio de nomine dello stesso Prisciano è più diffusa. L'
Ars si trovava a Vivarium, come attesta Cassiodoro nel
De ortographia, e probabilmente da lì venne copiata e letta nel resto dell'Italia nel VI secolo; nella seconda metà del VII era nota nelle isole britanniche, come risulta dall'uso che ne fa Aldelmo, che la cita nel
De metris, mentre in Spagna è attestata a partire dall'epoca di Giuliano da Toledo. L'
Ars inizia ad avere successo e a essere frequentemente copiata negli scriptoria continentali all'epoca di Alcuino; dopo di lui numerosi grammatici iniziano a leggerla e commentarla. L'epoca di Giovanni Scoto e di Remigio di Auxerre rappresenta l'apogeo della fortuna carolingia dell'
Ars; nel X secolo si osserva un periodo di crisi, mentre dal XII ha nuovamente ampia diffusione e supera addirittura il successo del manuale di Donato (tra le testimonianze di questa fioritura, sono ricordate le
Glosae di Guglielmo di Conches e la
Summa di Pietro Elia). L'A. passa poi ad analizzare la ricezione del testo sulla base dei codici superstiti, suddivisi in famiglie (insulare, italiana e carolingia), di cui propone una partizione cronologica e geografica (alla luce degli studi di B. Bischoff) e una classificazione per tipologia in 4 classi, a seconda della completezza del testo che tramandano e delle opere che lo accompagnano (riprendendo la classificazione di L. Holtz,
L'émergence del'oeuvre grammaticale de Priscien et la chronologie de sa diffusion in
Priscien. Transmission et refondation de la grammaire de l'Antiquité aux Modernes Turnhout 2009 pp. 37-55; cfr. MEL XXXI 3815). A questo punto l'A. inserisce alcune osservazioni sull'affidabilità dell'edizione di M. Hertz (
Grammatici Latini II Leipzig 1855 e III Leipzig 1859 pp. 1-377), che proseguono poi in tutto il resto del volume. Infine, analizza la menzione di opere priscianee nei cataloghi di biblioteche medievali: prendendo in considerazione un
corpus di 59 liste di libri redatte tra IX e XIII secolo, rileva che il nome di Prisciano vi compare 196 volte, sia da solo, sia accompagnato da appellativi quali
maior e
minor (dal X secolo
maior indica i capitoli 1-16 dell'
Ars e
minor gli ultimi due capitoli sulla sintassi, mentre può designare l'
Institutio de nominibus nel IX secolo) sia usato per indicare le opere derivate (glosse,
excerpta, etc.). La seconda parte del capitolo («Les maîtres») riguarda la tradizione indiretta dell'
Ars, dunque la sua fruizione da parte dei maestri di grammatica, che ne traggono abbreviazioni, raccolte di
excerpta, glosse, etc. Il periodo più antico è caratterizzato da abbreviazioni, tra cui l'A. menziona la seconda redazione della grammatica di Pietro da Pisa e gli estratti conservati nel codice P (Paris, BNF, lat. 7530), realizzati nell'entourage di Paolo Diacono, che sono di grande aiuto per la ricostruzione del testo: l'A. li collaziona nei punti in cui Hertz ne ha ignorato la testimonianza, notando che probabilmente la fonte di P appartiene alla famiglia italiana e non dipende dall'esemplare di Alcuino. Al contrario, la dipendenza potrebbe essere di segno opposto. Alcuino è promotore di Prisciano alla corte di Carlo Magno: l'influsso dell'
Ars è evidente nel suo
Dialogus (
Ars grammatica), una lettura parallela di Donato e Prisciano, in forma dialogica, nelle
Excerptiones e nel
De dialectica. Secondo l'A. Alcuino si sarebbe servito del medesimo esemplare dell'
Ars, un esemplare che avrebbe subito l'influenza della tradizione italiana, a distanza di qualche anno, per la realizzazione del
Dialogus e delle
Excerptiones. Da questa versione alcuiniana del testo di Prisciano dipende in parte anche il centone anonimo detto
Donatus ortigraphus, che mostra però anche l'influenza della tradizione insulare. Anche Alcuino nel
De dialectica, in cui cita più fedelmente Prisciano, sembra far uso di un testimone della famiglia insulare. L'A. descrive inoltre il metodo di rielaborazione delle fonti impiegato da Alcuino, che denota notevole libertà di pensiero. Il florilegio grammaticale attribuito a Rabano, redatto dopo la sua partenza da Fulda nell'842, utilizza, tra le altre fonti, l'
Ars di Prisciano ma, a differenza di Alcuino, conserva numerosi estratti poetici e concentra la sua attenzione sugli aspetti metrici. Il testo priscianeo da lui utilizzato è interpolato con delle glosse. Dalla corrispondenza di Lupo di Ferrières sappiamo che egli conosceva l'
Ars Prisciani. Il suo allievo Eirico di Auxerre attesta che ne possedeva anche una copia: Eirico a sua volta era in possesso di un manoscritto dell'
Ars (R, Paris, BNF, lat. 7496, uno dei testimoni principali dell'opera), glossato, in cui è presente una nota della mano di Eirico stesso che spiega che il codice è stato realizzato collazionando la copia di Lupo con un esemplare definito
vetustus. La copia epitomata del
Liber glossarum di Eirico, London, BL, Harley 2735, presenta l'aggiunta di numerose glosse identiche a quelle presenti sulla sua copia dell'
Ars e mostra i segni di una ricollazione del testo del
Liber con quello delle
Etymologiae di Isidoro, fonte del
Liber. Infine, l'A. discute il coinvolgimento di Eirico nella realizzazione della copia Bern, Burgerbibl., 109 (D), che giudica improbabile. Alla fase delle abbreviazioni segue il periodo dei commentatori: dopo i primi glossatori anonimi o noti solo per nome, l'A. si sofferma sul lavoro di Sedulio Scoto, il primo autore di un commento autonomo
In Priscianum, che offre l'occasione di soffermarsi sulla particolare tipologia delle glosse irlandesi, fonti del suo commento. Anche l'Eriugena è autore di glosse a Prisciano: l'A. approfondisce il caso del ms. Leiden, BU, BPL 67 (L), in cui è stata riconosciuta la mano dell'Eriugena nelle glosse che spiegano, tra le altre cose, i
Graeca Prisciani. Dal suo lavoro e da quello di glossatori precedenti sono stati tratte le raccolte di
glossae collectae sui
Graeca Prisciani (conservati nel ms. N, Laon, BM, 444, di mano di Martino di Laon, e nel ms. W, Wien, ÖNB, 114, di mano di Fromondo di Tegernsee). L'A. menziona anche le glosse di Remigio d'Auxerre, di cui si conservano le tracce nel ms. Oxford, Bodl. Libr., Auct. T. 1. 26, e i resti dell'esegesi di Prisciano confluiti nei glossari, tra cui Papia (il
Liber glossarum nella redazione originaria è al contrario una delle fonti delle glosse a Prisciano). Il capitolo si chiude con alcune considerazioni generali sui
corpora di glosse, sui generi paraletterari (
excerpta, glosse marginali,
glossae collectae, commenti) e sulle tecniche e le cautele necessarie per la loro analisi, nonché sulle peculiarità della tradizione priscianea, che consente un punto di vista privilegiato sulle glosse in epoca carolingia (la tradizione dell'
Ars è relativamente stabile fino al IX secolo e abbiamo una grande abbondanza di fonti). Il terzo capitolo («Les gloses») comprende tre parti. Nella prima, «Stratégies de la transmission du savoir» sono approfondite alcune questioni relative alla terminologia, alla natura e alle sfaccettature del fenomeno delle glosse. La definizione classica, detta «codicologica» (la più influente nella storia è quella di Isidoro nelle
Etymologiae) non inquadra che una parte del fenomeno, in quanto mette l'accento sul contenuto e trascura la forma. La definizione «linguistica», che identifica come glossa qualunque aggiunta peritestuale, è più ampia, ma anch'essa limitata. Dopo essersi soffermato sulle distinzioni tra glosse,
scholia e commenti marginali, l'A. propone una rassegna tipologica di tutti i personaggi coinvolti nell'elaborazione e nella trasmissione delle glosse e nella confezione del codice glossato, riassumendo in una tabella le funzioni e gli scopi di ciascuno (glossatore-esegeta; glossatore-copista/compilatore). Tenuto conto di tutti questi fattori, elabora un modello epistemologico e una serie di parametri per la classificazione tipologica delle glosse, dal punto di vista della forma, del senso e degli attori coinvolti nella realizzazione e trasmissione. Per quanto riguarda la forma, viene considerata la natura della glossa (segno, morfema, sintagma, proposizione), la localizzazione sulla pagina, il tempo e il luogo in cui è stata prodotta; per quanto riguarda il senso, le glosse si suddividono in: prosodiche, lessicali, grammaticali/morfologiche, sintattiche, esplicative, ecdotiche, socio-storiche; per quanto riguarda i personaggi coinvolti, l'A. classifica le glosse a seconda del ruolo del glossatore (glossatore-copista, glossatore-compilatore, glossatore-esegeta) e dei suoi scopi (dato per scontato che il fine ultimo di tutte le glosse è di spiegare, si può specificare meglio la qualità della spiegazione, se didattica o esegetica). L'ultimo parametro è quello della relazione con il testo commentato, che può essere di segno generale o specifico. L'A. elabora un sistema di codici alfanumerici marcatori («facettes») per descrivere in maniera sintetica le glosse secondo i parametri elencati. Approfondisce poi le relazioni stabilite tra glosse e testo commentato e tra glosse e altri testi citati (nel caso di Prisciano, l'
Ars di Donato e le
Etymologiae di Isidoro). Infine, indaga la logica della trasmissione dei
corpora di glosse, basata sul principio di autorità, e il problema della stratificazione dei
corpora nei singoli manoscritti. Nella seconda parte del capitolo, intitolata «La lexicographie et sa fascination pour l'étymologie» l'A. riflette sull'importanza dell'etimologia nelle glosse grammaticali e sulle fonti e gli strumenti dei glossatori: le
Etymologiae di Isidoro sono definite l'ipotesto delle glosse grammaticali, ma anche Prisciano stesso, che utilizza copiosamente i procedimenti etimologici, contribuendo a rendere la riflessione etimologica parte integrante del procedimento grammaticale. L'A. si sofferma sulla natura delle glosse grammaticali e sulla distinzione tra queste e il commento grammaticale. Infine, analizza la trattazione priscianea della
vox e le glosse a essa correlate, considerando soprattutto l'apparato di glosse approntato da Eirico di Auxerre sul codice R, che mostra alcuni paralleli con il
Liber glossarum, e la vicinanza tra le
glossae collectae copiate a margine dei
Graeca nei codici W e M (München, BSB, Clm 18375). L'A. prosegue passando in rassegna fonti e strumenti utilizzati dai glossatori per la redazione di glosse non originali, concentrandosi in particolare sul codice V (Vat. Reg. lat. 1650). Innanzitutto, il
De orthographia attribuito a
Paulus abbas, fonte di alcune glosse ortografiche del
Liber glossarum, le quali a loro volta sono fonti della raccolta di V, che trae materiale anche dalle
Etymologiae, sempre con la mediazione del
Liber o di centoni ortografici. Tra le raccolte di
differentiae, riconosce come fonti il
Liber glossarum e Prisciano stesso. Il
Liber è fonte anche delle raccolte di sinonimi in V, anche se altre glosse sinonimiche ivi presenti non vi compaiono. Per quanto riguarda le traduzioni dal greco, V per la maggior parte dei casi dipende dal
Liber. In generale, i lemmi greci di Prisciano non hanno catturato l'attenzione degli esegeti: le eccezioni sono la raccolta del ms. C (Paris, BNF, lat. 7501), Giovanni Scoto e i
Graeca Prisciani nel ms. di Martino di Laon. La raccolta di V mostra anche indizi dell'uso di glossari anteriori al
Liber (soprattutto
Abstrusa), anche se spesso le loro glosse sono mediate da quest'ultimo. Infine, l'A. si sofferma sull'importanza del
Liber per i compilatori di glosse su Prisciano; al contrario l'
Ars di Prisciano è citata nel
Liber solo in una glossa. La terza sezione, «Gloses du péritexte et collections» verte sull'aspetto materiale e la posizione delle glosse nei manoscritti. In prima battuta l'A. analizza le glosse marginali e interlineari nei mss. di Prisciano che illustrano il contenuto del testo, offendo alcuni esempi dei problemi che pongono a livello di autenticità (lo stesso Prisciano ha aggiunto glosse al suo testo) e di ricostruzione delle relazioni tra manoscritti (la contaminazione ha giocato un ruolo importante nella stesura del peritesto). Un altro caso interessante sono le glosse copiate in margine al ms. T
2 (Paris, BNF, lat. 7505), di cui si trovano stralci anche in altri codici, che farebbero capo all'insegnamento della scuola palatina all'epoca di Carlo Magno. L'A. passa ad approfondire le glosse peritestuali che esprimono interessi non grammaticali, ma eruditi e antiquari, relativi alla mitologia e alla storia romana. Dopo aver definito i
corpora peritestuali e intratestuali, l'A. approfondisce il caso delle glosse al paragrafo
de verbo del trattato priscianeo nei codici Autun, BM, S. 44; Vat. lat. 1480; Paris, BNF, lat. 10289 e lat. 7504, che assumono la forma del commentario marginale, accumulando nozioni da fonti diverse, tra cui: Virgilio grammatico, il
Liber in partibus Donati di Smaragdo di Saint-Mihiel, i commenti di Sedulio e di Remigio di Auxerre e l'
In Donati Artem di Muretach. Si sofferma in seguito sulle raccolte di
glossae collectae a Prisciano e sui manoscritti che le tramandano, aggiornando la lista di codici di G. Goetz
Corpus Glossariorum Latinorum I (Leipzig 1923) con i manoscritti segnalati da Sievers e Steinmeyer (ricordati in C. Wich-Reif,
Studien zur Textglossarüberlieferung. Mit Untersuchung zu den Handschriften St. Gallen, Stiftsbibliothek 292, Karlsruhe, Badische Landesbibliothek, St. Peter perg. 87 Heidelberg 2001; cfr. MEL XXV 5403) e proponendo una classificazione dei glossari in nove gruppi. Il gruppo I comprende il codice V; il gruppo II una raccolta di glosse inclusa nel ms. C; il gruppo IIIa le collezioni sui
Graeca, tra cui quelle di N, W e del codice München, BSB, Clm 14429; il IIIb la raccolta del codice Barcelona, ACA, Ripoll 59; il IV comprende quattro testimoni (S, Einsiedeln, Stiftsbibliothek, 32; S
1, München, BSB, Clm 6408; F, Paris, BNF, lat. 7730; D3, Leiden, BU, Voss. Lat. 8° 37), di cui l'A. schematizza le relazioni in uno stemma; il gruppo V comprende il secondo glossario nel codice W e quello di M; il VI una seconda collezione nel codice Ripoll 59, che compare anche nei codici Innsbruck, UB, 711 e Firenze, Laurenziana, Plut. 16.5; il VII le glosse nei codici Paris, BNF, lat. 7504; lat. 13023, che compaiono anche in C; in Amiens, BM, 425 e nel codice Leiden, BU, Voss. lat. 2° 36; il gruppo VIII i glossari nei codici Karlsruhe, BLB, St Peter Perg. 87 e Sankt-Gallen, Stiftsbibl., 292; nel gruppo IX sono inclusi glossari i cui lemmi non seguono l'ordine del testo di Prisciano (Antwerpen, Museum Plantin-Moretus, 16.2 + London, BL, Add. 32246, München, BSB, Clm 18628, Sélestat, BM, 7). Dopo le conclusioni, che riassumono questa prima parte del volume, l'A. inserisce alcune appendici. La prima consiste nel sommario dell'
Ars grammatica attribuita a Rabano, la seconda in una lista sintetica dei principali protagonisti della ricezione di Prisciano, suddivisi in fasi cronologiche; la terza in un elenco dei codici alfanumerici utilizzati dall'A. per descrivere la tipologia di glosse nel cap. 3, sezione A; la quarta riporta la trascrizione della prima frase dell'
Ars di Prisciano e dei segni di costruzione sintattica che la accompagnano nel codice T
2. La seconda parte del volume si apre con un sommario dei libri dell'
Ars, con le intitolazioni dei manoscritti carolingi collazionati, il riferimento all'edizione di M. Hertz e i
colophon del primo editore-copista dell'opera priscianea, Flavio Teodoro Dionisio, che la trascrive tra il 526 e il 527. Prosegue con una sinossi con i lemmi delle glosse sui
graeca del I libro dell'
Ars, in cui è registrata la presenza di ciascuna nei codici L C N W e nei testimoni di
glossae collectae del IV gruppo, nonché la trascrizione dell'intero
corpus di glosse sui
graeca in ciascuno dei manoscritti sopra elencati. Dopo questa indagine estensiva, l'A. pubblica le glosse che propongono l'esegesi del lemma
Abaddir nei 5 punti in cui compare nel testo priscianeo e dei lemmi nelle sue immediate vicinanze, nei codici C, G (Sankt Gallen, Stiftsbibl., 904), J (Köln, Dombibl., 200), F
2 (Paris, BNF, lat. 7503), T (Autun, BM, S. 44), T' (Vat. lat. 1480), D
1 (Reims, BM, 1094) e R (Paris, BNF, lat. 7496) e nelle
glossae collectae dei codici V S F D
3 C W N. Prosegue con quattro cataloghi di manoscritti: il primo è concepito come un aggiornamento ai cataloghi di Passalacqua (
I codici di Prisciano, Roma, 1978; cfr. MEL VII 2061) e Ballaira (
Per il catalogo dei codici di Prisciano Torino 1982; cfr. MEL XI 1993), alla luce delle nuove scoperte e degli studi di B. Bischoff; raccoglie i testimoni diretti (completi, parziali e frammentari) di epoca carolingia dell'
Ars. Oltre ai codici già menzionati, sono descritti i seguenti testimoni: Aschaffenburg, Hofbibl. 54; Bamberg, SB, Class 43; Berlin, Staatsbibl., frg. 79; Bern, Burgerbibl., AA90 [frg. 21 e 22]; Bern, Burgerbibl. 756 + Paris, BNF, lat. 10403; Cambridge, Fitzwilliam Museum, McClean 159; Canterbury, Cath. Libr., Add. 127 [19] + Maidstone (Kent), County Record Office, PRC 49/1; Douai, BM, 449; Düsseldorf, UB, Fragm. K 6: 15-1 e K8: 8-1; Einsiedeln, Stiftsbibl., 265; Firenze, Laurenziana, Plut. 47, 29; Fritzlar, Dombibl., 125 [1] + Kassel, UB, philol. 2° 15 [c] + Marburg, UB, 375; Gent, UB, 301 + Trier, Stadtbibl., Fragm. Mappe III; Graz, UB, 1703 [124]; Halberstadt, Domschatz, Inv.-Nr. 468; Halle, UB, Yc 4° 25; Karlsruhe, BLB, Aug. Perg. CXXXII (223); Kassel, UB, Philol. 2° 15 [b]; Koblenz, Landeshauptarchiv, Best. 701 n° 759 [20] + Düsseldorf, UB, Fragm. HS K 19: Z 10/1; Koblenz, Landeshauptarchiv, Best. 701 n° 759 [1] + Utrecht, Museum Catharijne-convent, BMH h fragm. 87 + Edinburgh, Collezione privata, s.n.; Leiden, BU, Voss. lat. 8° 12; London, BL, Add. 34389; Egerton 267; Harley 2674; Harley 2688 + Schweinfurt, Stadtbibl., frg. 1; Marburg, UB, 6; Milano, Ambrosiana, A 138 sup. e B 71 sup.; Montpellier, Bibl. de l'Ecole de Médecine, H 141; Moskva, Rossijskaia Gosudarstvennaja Bibl., Fond 40, opis' 1, n° 23; München, BSB, Clm 6398; Clm 14516; New Haven, CT, Yale Libr., Marston 138; Nürnberg, Germanisches Museum, Kupferstich-Kabinett, SuD 3335, Kapsel 536; Oslo, UB, 4° 1466; Oxford, MS, UL, Rotulus VI, 2311; Padova, BU, 795; Paris, BNF, lat. 7497; lat. 7498; lat. 7499; lat. 7502; lat. 7506; lat. 10290; lat. 12960; Roma, Vallicelliana, C 9; Sankt-Peterburg; Rossijskaia Natsiona'naja Bibl., Class. lat. F.v.7; Sankt Gallen, Stiftsbibl., 872; 903; Strasbourg, Arch. Dép., 151 J; Vat. Barb. lat. 144; Vat. Reg. lat. 329; Vat. Reg. lat. 423; Vat. lat. 3313; Vic, Arxiu i Bibl. Episcopal, 257; Weimar, Herzogin Anna Amalia Bibl., Fol 439a (15); Wolfenbüttel, HAB, Gud. lat. 64; Weissenburg 50; Würzburg, UB, M.p.misc. f. 24; Zürich, Staatsarchiv, AG 19; Zentralbibl. C 49). Il secondo catalogo comprende i testimoni carolingi della tradizione indiretta dell'
Ars (
excerpta e centoni grammaticali). Sono descritti i seguenti testimoni: Berlin, SB, Diez B. Sant. 66; Bruxelles, BR, II 2572; 3920-3923; Erfurt, WAB, Ampl. 8° 8 e Ampl. 2° 10; Roma, Casanatense, 1086; Sankt Gallen, Stiftsbibl., 878; Valenciennes, BM, 391; 392; 393. Alla fine del catalogo si trovano i testimoni delle opere post-carolingie dell'
Excerptiones de Prisciano, dello
Scalprum Prisciani e dell'
Epithoma di Gosberto. Il terzo è un catalogo di manoscritti che trasmettono
glossae collectae all'
Ars. Il quarto catalogo descrive i manoscritti carolingi e posteriori non precedentemente menzionati che tramandano glosse,
accessus o estratti di Prisciano (sono descritti i codici Bern, Burgerbibl. A 92 (frag. 23) e 357; Darmstadt, Hessische Landes- und Hochschulbibl., 725; Hamburg, UB, 53 in scrin.; Leiden, BU, BPL 92; Perizonius lat. G. 65 (
recte Q 65); Voss. lat. 8° 15; Voss. lat. 4° 33; München, BSB, Clm 29364; Napoli, BN, lat. 7 e lat. 24; Paris, BNF, lat. 13023; lat. 14087; Piacenza, Bibl. Capitolare, cass. 49, frg. 47; Zürich, Zentralbibl., C 37). L'ultima sezione raccoglie alcune carte che illustrano le aree grafiche nel IX secolo in Europa secondo B. Bischoff (
Irische Schreiber im Karolingerreich in
Mittelalterliche Studien. Ausgewählte Aufsätze zur Schriftkunde und Literaturgeschichte III Stuttgart 1981 pp. 39-54; già pubblicato in
Jean Scot Erigène et l'histoire de la philosophie Paris 1977 cfr. MEL III 4091) e la provenienza dei manoscritti di Prisciano. Il volume è completato da 10 tavole che riproducono dettagli o interi fogli di alcuni manoscritti citati, dalla bibliografia, dall'indice dei manoscritti, in ordine alfabetico di segnatura e di sigla, da una lista delle edizioni di Prisciano, da tavole di concordanza tra il numero attribuito ai codici nel catalogo e il numero del catalogo Passalacqua, da un elenco di incipit delle raccolte di
glossae collectae su Prisciano, dall'indice dei principali lemmi priscianei che hanno ricevuto una spiegazione, dei
loci citati di Prisciano, degli
incipit delle opere citate e dei versi delle opere poetiche, da un indice generale di nomi e luoghi notevoli, da un indice delle parole greche e di tutti i codici citati nel volume. (Marina Giani)
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