Lo studio è dedicato al terzo dei cosiddetti «Mitografi anonimi», un trattato medievale che presenta una serie di episodi mitologici in chiave moralizzante. Nel 1831 Angelo Mai, prefetto della Biblioteca Vaticana, pubblicò il testo insieme a quello di altri due trattati medievali anonimi sulla mitologia antica scoperti in alcuni manoscritti. Mai poteva leggere il testo nei codici Vat. lat. 3413 (Germania, XII sec.); Vat. Pal. lat. 1741 (Germania, XV sec.); Vat. Reg. lat. 1290 (Italia, XIV sec.) e nel
compendium conservato nel ms. Vat. Pal. lat. 1726 (Germania, 1423 ca.). Tra i testimoni noti dell'opera - l'A. dice di averne censiti oltre cinquantacinque -, più della metà lasciano il testo anonimo, mentre gli altri presentano il nome di
Albericus o
Alexander. L'A. analizza in primo luogo le diverse attribuzioni proposte. L'
editio princeps (Paris 1520) - ignota al Mai - attribuisce il testo a un Alberico di Londra, nome che compare anche in alcuni manoscritti del XV secolo (Bern, Burgerbibl., 223; Paris, BNF, lat. 14627; Wien, ÖNB, 2298); la forma
Albericus è quella usata da Boccaccio nelle
Genealogiae deorum gentilium per citare il testo, e compare in diversi manoscritti, tra cui Paris, BNF, lat. 8500 (realizzato da Petrarca intorno al 1330-1340) e Gotha, UB, M I 55., il più antico a riportare questa attribuzione (XIII-XIV sec.). Mai ritenne questa indicazione, presente anche nel Reg. lat. 1290, fallace e sulla base delle fonti più recenti del trattato, risalenti al IX o X secolo, e di una coincidenza con una nota erudita dell'editore di testi classici Giovanni Brassicano, suggerì che l'autore potesse essere un misterioso Leonzio mitografo - personaggio di cui in realtà non si sa nulla. L'A. segnala che l'etichetta del codice Göttingen, Niedersächsische Staats- und Universitätsbibl., Theol. 100 (XIII secolo), in cui compare anche il nome «Leonzio», è con tutta probabilità recente e ispirata alle ipotesi di Mai. L'attribuzione ad Alessandro Neckam, insostenibile per ragioni cronologiche, compare nel ms. inglese del XIII-XIV secolo, Cambridge, Queens College Library, 10. In altri due manoscritti - Cambridge, Trinity College, 884 (R.14.9) (XIV sec.) e Oxford, Bodl. Libr., Digby 221 (sec. XIII ultimo quarto) - la dicitura
Alexander Nequam è stata aggiunta posteriormente, mentre nei codici Milano, Ambrosiana, E 128 sup. (XV-XVI sec.) e Oxford, Bodl. Libr., Bodl. 571 (sec. XV prima metà), imparentati tra di loro, un lettore ha apposto il nome
Alexander. L'A. evidenzia che l'attribuzione a Neckam doveva comparire in altri manoscritti non noti o perduti, come dimostrano le citazioni nel
Fulgentius metaforalis di John Ridewall (1330 ca.) e nel trattato di mitografia di Robert Holcot. L'A. illustra in seguito le ipotesi di identificazione dell'
Albericus/
Albertus che la tradizione sembra indicare come autore del testo, scartando l'ipotesi suggerita da Haskins che si potesse trattare di Alberico di Montecassino, e ritenendo insoddisfacente quella di E. Rathbone, convinta, sulla base di una citazione nel
Chronicon di Elinando di Froidmont, che l'autore potesse essere identificato con un canonico londinese del XII secolo. L'analisi della tradizione manoscritta mostra infatti che l'opera si è diffusa solo nel XIII secolo in Inghilterra, mentre le sue tracce in Germania e Francia sono più antiche. In questa sezione sono segnalati due manoscritti che sembrano contenere una redazione primitiva dell'opera, i codici Paris, BNF, lat. 13191 (Francia settentrionale, sec. XII terzo quarto) e Dublin, Trinity College Library, 115 (Inghilterra, 1375-1377). L'A. analizza in seguito alcune delle fonti rare dell'anonimo, diffuse quasi esclusivamente in area tedesca, ed evidenzia la coincidenza nelle fonti usate e nel loro ordine tra l'opera e il
De mundi coelestis terrestrisque constitutione (PL XC coll. 881-910), testo conservato in tre soli manoscritti, tutti localizzati in Baviera. L'A. individua, infine, una traccia dell'utilizzo precoce del
Mytographus da parte di Rahewin di Frisinga nel poema didattico
Flosculus e, sulla base dei dati raccolti, conclude che l'origine del trattato si può localizzare nella Germania del XII secolo, e sicuramente in un centro dotato di una ricca biblioteca - forse proprio a Frisinga o in centri limitrofi come Tegernsee o Weihenstephan. In appendice si fornisce un elenco dei diversi titoli che il testo presenta nella tradizione. Nello studio si citano anche il ms. Firenze, BNC, II.VI.2, in cui l'opera è attribuita ad Agostino, e tre manoscritti del commento di Servio all'Eneide, importanti perché condividono alcuni errori di tradizione significativi del Mitografo: Leipzig, UB, Rep. I 36b; München, BSB, Clm 6394 (Frisinga; sec. XI prima metà) e Clm 18059 (Tegernsee; XI sec.). (Matteo Salaroli)
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