Contrariamente alle aspettative, nell'agiografia campana fra VIII e XI secolo il mare è poco presente, così come il pesce; l'unica immagine più ricorrente riguarda i naufragi e i salvataggi dalle tempeste improvvise. Questo dato porta A. Galdi a indagare l'attività commerciale via mare nella Campania medievale rilevando che l'agiografia non fotografa il reale quadro economico delle condizioni dei trasporti e delle comunicazioni dell'area. Un diverso aspetto della vita costiera è invece ben rappresentato nella produzione agiografica campana: la presenza di «stranieri» che viene esaminata e messa in relazione con la situazione storica coeva, con particolare riferimento ai Saraceni. Un cambiamento si registra tuttavia dalla metà dell'XI secolo, quando il mare torna con prepotenza al centro delle narrazioni agiografiche, come mostrano le
vitae degli abati della Santissima Trinità di Cava Alferio, Pietro e Costabile. Lo studio dell'agiografia del Medio e dell'Alto Tirreno è condotto da E. Susi. Sebbene anche in questo caso la presenza del mare sia scarsa, tuttavia è ben chiara la differente prospettiva rispetto alle agiografie campane, in quanto il mare è percepito come mortalmente pericoloso e dimora di mostri terrificanti. Il topos della tempesta sedata si legge invece nelle passioni di Regolo (BHL 7102-5), di Emiliano di Trevi (BHL 107), di Mauro e Felice (BHL 5791m), nella
Vita Iuvenalis (BHL 4614) e spesso è funzionale a una sottolineatura dell'origine oltremarina dei protagonisti. Un'altra differenza con la produzione meridionale è il riferimento a luoghi reali e a tecniche di navigazione concrete, indice non solo di una familiarità effettiva dei redattori col mondo nautico, ma anche spesso di una volontà di legare il luogo portuale o costiero al santo protagonista (si citano le passioni di Ninfa [BHL 6254-5], Aurea [BHL 808-813], Callisto [BHL 1523], Secundiano, Marcelliano e Veriano [BHL 7550-2], Torpete [BHL 8307]). Un altro tema legato all'acqua e caro all'agiografia del Tirreno è la metafora della
navis ecclesiae, presente nella
Passio Basilidis et sociorum (BHL 1019), e che trova un importante cultore in Gregorio Magno (
Dialogi e
Registrum). L'ultima parte del saggio è dedicata agli «stranieri», Saraceni e Africani in particolare, e ai rapporti di questi con i popoli del Tirreno presso i quali avevano stabilito degli insediamenti. Dall'XI secolo infine si nota la maggiore consuetudine con i viaggi e le comunicazioni via mare. (Elena Merciai)
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