Monografia dedicata alla rilettura della figura e del progetto di Desiderio, ultimo sovrano longobardo protagonista nello scontro con Carlo Magno e fondatore del monastero di San Salvatore di Leno e del monastero femminile di San Salvatore di Brescia, poi Santa Giulia. L'A. rilegge l'intera vicenda di Desiderio con il ricorso a fonti storico-artistiche e archeologiche, che si affiancano a quelle scritte, pur nell'incertezza dei dati, per completare una riflessione storiografica avviata nel 1984 con
Monasterium et populus. Per la storia del contado lombardo: Leno (Brescia 1984; cfr. MEL XII 4423). Nell'introduzione, evidenzia come fondamentale il ruolo dei due monasteri, la distribuzione dei beni sul territorio e lungo la direttrice Nord-Sud, i rapporti con Benevento, elementi tutti funzionali al progetto politico desideriano che si frange però contro quello di Carlo; si considera inoltre la contrapposizione tra le fonti ufficiali, carolingie/papali (con la prigionia franca) e le tradizioni coeve e successive (con un diverso corso dell'assedio di Pavia e la contestuale morte del sovrano, come nel racconto di Andrea da Bergamo), in particolare relative all'anno 774 e alla sepoltura di Desiderio. La prima parte, «Un ambizioso disegno», è articolata in tre capitoli: nel primo si esaminano le testimonianze sulla visione in sogno di Desiderio (tra le fonti privilegiate il
Chronicon Brixianum di Iacopo Malvezzi, la
Chronica de rebus Brixianorum di Elia Capriolo, le tradizioni locali confluite in cronache più tarde come la
Cronichetta di cui parla Cornelio Adro a fine XVI secolo), esemplate su modello dell'
Historia Langobardorum di Paolo Diacono, la simbologia del serpente e la sua eco nei bassorilievi locali (in particolare a Santa Maria Assunta di Piè del Dosso, Gussago) riconducibili al monastero di Leno. Nel secondo capitolo si ricordano l'insediamento dei monaci provenienti da Montecassino, per volontà del re Desiderio e il consolidamento dei due monasteri (si vedano anche le testimonianze del
Codice diplomatico longobardo) come
instrumenta regni (e non solo come presidi a carattere spirituale), potenziati nel passare degli anni con donazioni e provvedimenti volti a creare una rete istituzionale monastica lungo l'asse Nord-Sud (da Pavia-Brescia-Sirmione al Gargano); si evidenziano il ruolo della regina Ansa e del figlio Adelchi e la distribuzione dei possedimenti in Italia (diplomi successivi menzionano le località dipendenti dai monasteri regi) e si analizza più da vicino la testimonianza dell'area reatina, con i riferimenti al toponimo
ad Leones che rimanda al monastero di Leno. Nel terzo capitolo si indagano il ricorso alle maestranze, la presenza di artisti e la comunanza di temi e modelli testimoniati da manufatti, apparati decorativi e reperti legati ai due monasteri e le testimonianze relative al prodigarsi di Desiderio per ottenere una reliquia di Benedetto (e di altri santi), elementi tutti volti ad accrescere il prestigio delle istituzioni leonesi e a esplicitare il progetto regio, e che concorrono a spiegare la genesi delle tradizioni legate alla figura di Desiderio. La seconda parte, «Dal progetto politico al mito», conta sei capitoli; nel primo si illustra il contrasto con Carlo Magno e le vicende legate alla discesa del sovrano franco in Italia, prima a Pavia, poi con la conquista di Leno, la resa di Adelchi a Verona, e il volgersi verso Brescia mentre una pestilenza colpiva i Longobardi, quindi le prime fasi di consolidamento dei territori conquistati con il ricorso da parte di Carlo alla rete e al valore economico e simbolico dei monasteri di Bobbio, Leno e Tours: tra le fonti privilegiate il
Liber pontificialis, il
Chronicon o
Historia di Andrea da Bergamo, Agnello di Ravenna, il
Chronicon Salernitanum e il
Chronicon Novaliciense, che l'A. rilegge in chiave critica per le evidenti distorsioni nel riferire i fatti e per il diverso destino da esse assegnato a Desiderio, ora vittima della pestilenza, ora prigioniero a Parigi. Il secondo e il terzo capitolo valorizzano la testimonianza costituita dal già menzionato
Chronicon di Andrea da Bergamo nel silenzio delle fonti longobarde: Andrea ricorre a Paolo Diacono e al
Liber pontificalis, ma si distacca in merito alla morte del sovrano anche dalle versioni di Agnello e dagli
Annales regni Francorum, dimostrando secondo l'A., una grande sicurezza che gli deriva dall'accesso a una tradizione consolidata non ufficiale, che spiegherebbe come espediente politico la versione di Desiderio morto in prigionia dopo la resa, e non in Pavia ancora assediata; una versione costruita ad arte e diffusa nella comunicazione e nei numerosi
Annales (ora essenziali, ora invece ricchi di dettagli narrativi precisi, come gli
Annales Laurissenses minores, che hanno forse raccolto la testimonianza dello stesso Carlo giunto a Lorsch), evidentemente di parte (come il
Liber pontificalis o il
Liber pontificalis ecclesiae Ravennatis), opportunistica (come i
Gesta episcoporum Mettensium, che non si discostano dalla versione ufficiale, ma secondo l'A. non riporterebbero volutamente dettagli per non smentire Carlo e al contempo lasciar aperta una diversa lettura della vicenda), avente come focus la figura di Carlo (nella
Vita di Eginardo) e la sua grandezza (i
Gesta Karoli di Notkero), mentre testimonierebbero una versione longobarda il
Chronicon Salernitanum e una versione leggendaria, frutto di molteplici stratificazioni narrative, il
Chronicon Novaliciense. Negli ultimi capitoli l'A. esplicita quindi l'esigenza di determinare il luogo di sepoltura di Desiderio, che le fonti vogliono diversamente collocare (a Liegi, a Corbie, a Parigi, ad Aquisgrana), ma che l'A. rilegge alla luce dell'anonima
Fundatio monasterii Leonensis: essa presenterebbe un passaggio testuale vacillante a causa di un voluto troncamento proprio in merito alla notizia della morte di Desiderio e della consegna del suo corpo al monastero di Leno; esso potrebbe essere stato deposto in una tomba venerata risalente all'VIII secolo, emersa dagli scavi del complesso. Completano il volume gli indici dei nomi di persona (pp. 301-9) e di luogo (pp. 311-21). (Valeria Mattaloni)
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