Primo tomo dell'edizione con traduzione francese a fronte delle opere di Agobardo di Lione. Il lavoro di traduzione è stato realizzato collettivamente nel corso dei seminari di latino medievale tenuti a partire dal 2003 all'Université Lumière Lyon 2 e diretti da N. Bériou. I capitoli introduttivi sono stati realizzati da G. Besson, J.-P. Bouhot e M. Rubellin, le note al testo sono opera di J.-P. Bouhot, M. Rubellin e P. Mattei. Il testo critico segue l'edizione di L. Van Acker (
Agobardi Lugdunensis Opera omnia CCCM 52 (Turnhout 1981; cfr. MEL V 133; VII 92; VIII 67), con alcune modifiche alla punteggiatura e rarissime correzioni. L'edizione Van Acker è il punto di riferimento anche per quanto riguarda l'attribuzione delle opere di paternità incerta. Il volume comprende un'introduzione generale sulla biografia e le opere di Agobardo. Il testimone principale è il codice Paris, BNF, lat. 2853, datato tra IX e X secolo. Al termine dell'introduzione si trova la lista cronologica delle opere di Agobardo con le concordanze tra l'edizione Van Acker e le precedenti. Le opere edite nel volume sono divise in due parti. La prima comprende due testi accomunati dal tema della superstizione popolare: il
De grandine et tonitruis, in cui Agobardo smentisce la credenza dell'esistenza di uomini in grado di evocare la grandine e i tuoni, e il
De quorundam inlusione signorum, una lettera indirizzata a Bartolomeo di Narbona e scritta insieme a Floro e Ildegiso di Lione, in merito ad alcuni fenomeni misteriosi legati alla venerazione delle reliquie di san Firmino a Uzès. Il
De grandine è oggetto anche di uno studio linguistico, in cui si dimostra la sua origine come sermone in seguito rimaneggiato per dare vita a un piccolo trattato. Nella seconda parte del volume sono edite cinque lettere accomunate dalla tematica antisemita. Nella prima (
De baptismo mancipiorum Iudaeorum) Agobardo si rivolge a tre consiglieri dell'imperatore Ludovico il Pio per avere direttive su quali provvedimenti prendere nei confronti degli Ebrei che non consentivano ai propri schiavi di essere battezzati. Pochi anni dopo, non avendo ricevuto risposta, sollecita gli stessi destinatari con una nuova missiva (
Contra praeceptum impium de baptismo mancipiorum Iudaeorum). In seguito, si rivolge direttamente all'imperatore (
De insolentia Iudaeorum) lamentandosi del comportamento dei legati imperiali, preoccupati, a suo avviso, di proteggere più gli Ebrei di Lione che i cristiani. La quarta lettera, scritta insieme a Bernardo di Vienna e Fova di Chalôn-sur-Seine (
De Iudaicis superstitionibus) è un dossier di citazioni dalla Bibbia e dai Padri, funzionale alla dimostrazione della necessità di evitare ogni contatto con gli Ebrei. Infine, nella quinta (
De cavendo convictu et societate Iudaica), Agobardo informa l'arcivescovo di Narbona, Nibridio, della propria decisione di proibire ai fedeli della sua diocesi la frequentazione con gli Ebrei. In coda all'edizione, viene discussa l'attribuzione di un'altra opera, la lettera
De baptizatis Hebraeis, parte della compilazione
De coertione Iudaeorum di Floro, la cui paternità agobardiana è rifiutata da Van Acker. Il quadro fornito da questi testi aiuta a ricostruire le condizioni di vita degli Ebrei all'epoca di Ludovico il Pio. In appendice il volume contiene l'edizione (a opera di J.-P. Bouhot) della lettera di Amulone, successore di Agobardo al soglio episcopale lionese, indirizzata a Tebaldo di Langres per ricevere consiglio sull'accoglienza di reliquie sospette portate da falsi monaci e deposte presso le spoglie di san Benigno a Digione, la cui venerazione era ritenuta responsabile di episodi misteriosi che avevano generato tumulti nella popolazione. L'edizione del testo è quella di E. Dümmler (MGH. Epistolae V [
Epistolae Karolini Aevi III] Berlin 1899 pp. 363-8), corretta in un solo punto in seguito alla ricollazione sul codice unico Paris, BNF, Arsenal 717. Il testo latino presenta traduzione francese a fronte. Chiudono il volume gli indici delle citazioni. (Marina Giani)
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