L'A. pubblica la propria tesi di abilitazione, approvata nel 2011 presso l'Università di Costanza, che studia lo sviluppo della teoria medievale dei quattro umori corporali (sangue, bile nera, bile gialla o rossa, muco) come fondamento delle sofferenze e delle passioni umane. Dall'inizio del XII secolo, infatti, si comincia a elaborare il trattamento di questi umori come soluzione per la salute psicofisica dell'individuo, che in base alla quantità dei liquidi nel corpo vedeva la propria personalità diventare più o meno sanguigna, collerica, malinconica o tranquilla. Considerando la teoria dei quattro umori come il primo approccio clinico sul comportamento umano, l'A. studia lo sviluppo della definizione di personalità a essa correlato, quindi l'evoluzione sensibile della mentalità europea riguardo all'ambito psicologico. Dopo uno
status quaestionis sugli studi di settore, l'indagine prende le mosse dall'eredità altomedievale del sapere medico antico riguardo la teoria degli umori, che si ritrova nella filosofia greca presocratica e pitagorica e nel
corpus Hippocraticum: si citano il
De natura hominis di Ippocrate e numerosi scritti di Galeno, ma anche il patrimonio aristotelico o pseudoaristotelico riguardante la fisica e l'
Epistola ad Pentadium di Vindiciano. Per la tradizione antica sugli umori si menziona l'anonimo
Liber sapientie artis medicine e un paragrafo (pp. 57-68) è dedicato a Isidoro (
Etymologiae) e a Beda (
De temporum ratione). Da queste basi prendono le mosse sia la scuola medica di Salerno (di cui l'A. ripercorre la storia e l'evoluzione scientifica), in particolare nella persona di Costantino l'Africano (
De melancholia), sia Guglielmo di Conches (
Philosophia;
Dragmaticon philosophiae). La teoria dei quattro umori richiama interesse anche nel mondo monastico, dove viene coltivata da Onorio Augustodunense (
Imago mundi), Ugo de Folieto (
De medicina animae;
De claustro animae) e Volbero di San Pantaleone (commento al Cantico). Un lungo capitolo, quasi il cuore dello studio, è dedicato a Ildegarde di Bingen, la cui intera opera - quindi tanto gli scritti medici quanto le visioni, le opere poetiche e le lettere - è caratterizzata da un'estrema originalità di pensiero, comprende un'elaborazione della teoria della personalità e va (ri)considerata nel suo complesso come una riflessione filosofica unitaria. Della mistica si esamina in particolare la visione della natura umana ambivalente, ossia formata da due parti distinte: quella dell'anima immortale e dipendente da Dio e quella fisica e corporale, che deriva invece dai genitori e dalla quale dipendono le caratteristiche e le disposizioni dei singoli individui. Sebbene anche Ildegarde ponga alla base dei quattro spetti umani fondamentali gli umori della teorizzazione classica, da questi presupposti sa sviluppare un più complesso sistema di combinazioni con cui cataloga le personalità, le quali emergono talora anche nei suoi scritti mistico-visionari. Il centro della riflessione di Ildegarde è dunque l'uomo nella sua dimensione spirituale e interiore, che deve porsi come ideale di vita la rinuncia alle passioni e alle volontà individuali: in questo sistema, quindi, il tradizionale dialogo fra vizi e virtù travalica l'ambito morale per arricchirsi della valenza medico-psicologica. Il capitolo successivo considera la risistemazione della tradizione medica sui quattro umori fino alla fine del XII secolo, dove l'obiettivo principale è la descrizione dei comportamenti umani (si ricordano come significativi nell'evoluzione del pensiero medico il
Libellus di Acerbo Morena per Federico Barbarossa e il
Liber poenitentialis di Alano di Lilla). L'A. dedica quindi un paragrafo alla medicina teoretica di ambito monastico e alla riflessione scientifica della medicina scolastica, evidenziando l'influenza delle opere sopra citate in questi patrimoni culturali. In chiusura si propone un capitolo riassuntivo del volume. (Marianna Cerno)
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