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L'A. considera il mito di Prometeo all'interno della produzione ficiniana, caratterizzata dal ritorno diretto alla filosofia platonica, che spesso è percorsa da riferimenti specifici al figlio di Temi: Filebo 16C, Gorgia 523D, Lettera seconda 311B e soprattutto Protagora 320-1E. La figura di Prometeo è invece quasi del tutto assente nei filosofi neoplatonici (Plotino, ad esempio, allude al titano solo una volta in Enneades 4.3.14). Ficino fa espliciti riferimenti a Prometeo in Theologia Platonica 14.9.3, Epistolae, Epitome di Protagora, Commentarium in Philebum. Ficino legge il mito di Prometeo nell'ambito di una teologia gioviana e lega il fuoco prometiano a quello della conoscenza e dell'illuminazione. L'A. conclude che il mito di Prometeo sembra continuare a rivestire un ruolo nell'ambito della sua comprensione del metodo neoplatonico, specialmente nell'ambito dell'analisi filosofica della triade. In conclusione, Prometeo è una delle chiavi di volta della meta-dinamica di Ficino: il dono limitato nel tempo del fuoco come racconto metafisico del perpetuo fluire del potere divino nella logica triadica
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Der Vf. beschäftigt sich mit Ficinos Einführung (argumentum) zu seiner Übersetzung von Platos zweiten Brief (an Dionysius den Jüngeren von Sizilien, mit dem Pythagorasschüler Archedemus als Mittelsmann), den er 1484 in seiner Übersetzung von Platos Gesamtwerk herausbrachte. Er benennt darin vier Mysterien des Briefes: das Verhältnis von Weisheit und Macht, die Wahrnehmung des eigenen Ruhmes durch die Toten, die Trinitätslehre sowie die Möglichkeit der Wahrnehmung des Göttlichen. Die aus heutiger Perspektive abwegige Argumentation ist von dem Glauben an die Autorität und den Sinngehalt des Platonbriefes getragen, ebenso von der Selbstidentifikation Ficinos mit Archedemus als Mittler zwischen Philosoph und Herrscher. (Hartmut Beyer)
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