Quando storicamente il lavoro è emerso come realtà autonoma distinta dal prestatore d'opera? Il saggio consente di apprezzare - una volta di più - quanto la speculazione bartoliana fosse innestata sulla realtà viva, comunale e mercantile coeva, trasformando dall'interno il diritto ereditato. Il banco di prova è la discussione sull'istituto della
locatio conductio che Bartolo trovava nei
libri legales immutato dalla classicità, quindi da un'epoca in cui l'economia era schiavista. La materia, strettamente tecnica, è indagata dall'A. nella convinzione che alla razionalizzazione e all'ammodernamento dell'istituto operati da Bartolo si possa far risalire la scissione tra lavoratore (
locator) e attività lavorativa (
factum/fieri). L'A. ripercorre la dottrina bartoliana quale contenuta nella
quaestio Publicanus quidam e nel commento a D.19, 2. Mentre nella romanità - e così fino a Bartolo - oggetto del contratto della
locatio era la persona che si vincolava a prestare una certa opera, con la conseguenza che il
locator diveniva strumento del
conductor e l'eventuale inadempienza comportava una forma di servitù personale, Bartolo arriva a individuare come oggetto del contratto il
factum - che in realtà è un
fieri con un suo dispiegamento nel tempo -, che dunque l'A. traduce con «attività». Razionale, in linea con la nuova economia e ancor più innovativa risulta l'apertura di Bartolo alla tesi di Dino del Mugello (e contro la glossa accursiana) che l'inadempienza possa trovare riparazione in un risarcimento monetario versato dal
locator al
conductor, pari al valore del lavoro non svolto. (Annamaria Emili)
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