La certosa di S. Barbara presso Colonia (1334), fondazione urbana tipica dei secoli basso-medievali, beneficia culturalmente della vicina università creata nel 1388: i frequenti e stretti rapporti favoriscono il rapido accrescersi del patrimonio bibliotecario, in gran parte poi distrutto dall'incendio del 1451, che riduce in cenere oltre 500 volumi. Nell'assenza di cataloghi antichi, la conoscenza del patrimonio librario è affidata a inventari del XVII e XVIII secolo. Tra le più significative figure di religioso del sec. XV si colloca quella di Enrico di Dissen, bacelliere in arti e poi laureato in diritto canonico e soprattutto celebre per la pluralità e varietà di interessi, oltre che per la peculiare tipologia di testimonianze a lui riconducibili. Infatti il manoscritto Paris, BNF, n.a. lat. 1006 conserva un elenco anonimo di scritti di teologia, ma la mano che l'ha vergato appare impegnata in altri 7 manufatti, segnati n.a. lat. 1004-1010 (663 e 665-670 dell'antica collezione Phillipps), e si tratta di quella del Certosino. Appare impossibile determinare se l'elenco di 32 unità si riferisca ai libri che il religioso aveva nella sua cella o se si tratti di una selezione bibliografica, con elenco di testi necessari alla personale attività letteraria. Al Certosino, oltre ai sermoni, i biografi attribuiscono altri scritti, tra cui lo
Psalterium Mariae (raccolte di preghiere di lodi) e il
Rosarium Mariae. L'influenza congiunta dell'università e del convento domenicano fanno sì che i suoi scritti e l'elenco di libri del codice parigino riflettano le due grandi tendenze del momento, la
via antiqua e la
via moderna. Se la prima è rappresentata dai Domenicani, fra cui anche Enrico di Gorkum, la seconda è soprattutto affidata a scrittori quali Ockham e Pietro dall'Aquila; ma la corrente teologica riformatrice e conciliarista trova espressione nel
De oculo corporali et mentali di Giacomo del Paradiso e in Pietro d'Ailly. Nella composizione dei sermoni il Certosino mostra netta preferenza per i Mendicanti, si tratti dei domenicani Giovanni Bromyard, Leonardo da Udine, Antonio Azaro da Parma o dell'agostiniano Simone da Cremona. Egli stesso ha copiato i sermoni del francescano Giovanni di Werden e dei domenicani Antonino Pierozzi e Giovanni Herolt. Di indubbia influenza anche la letteratura morale e gli
exempla: si possono così richiamare la
Scala celi di Giovanni Gobi o il
De eruditione regalium che Vincenzo di Beauvais dedica alla regina Margherita. Enrico di Diessen possedeva inoltre il manuale per l'inquisizione detto
Malleus maleficarum ma pure le
Facetiae di Poggio Bracciolini. Alle pp. 216-20 gli A. offrono l'edizione dell'elenco dei 32 volumi sopra richiamati. L'attenzione viene poi focalizzata sulle letture geografiche del Certosino, che ne riflettono ampi e peculiari interessi, declinati anche in dimensione pastorale. Così, esemplari vergati dal Diessen o da lui postillati ne palesano specifiche letture: si tratta del
Milione di Marco Polo nella traduzione latina di Francesco Pipino (London, BL, Add. 19952, manufatto appartenuto al Cusano con note del Certosino, e Wolfenbüttel, HAB, Weiss. 41, che veicola lo scritto di Marco Polo con l'aggiunta dei racconti di viaggio di Odorico da Pordenone, Riccoldo da Montecroce e Guglielmo di Boldensele) e del ms. Köln, Stadtarchiv, Bestand 7002 (GB fol.) 132, che conserva (a opera di diverse mani) altri scritti tra cui un
Oculus fidei redatto dal religioso stesso (1474-1475). Se nel manoscritto londinese le note richiamano solo il Mandeville e l'Hayton, i rimandi si moltiplicano nel testimone di Wolfenbüttel, dove si citano Giovanni di Pian del Carpine (
Historia Mongalorum), il
De itinere Terre Sancte di Ludolfo di Sudheim, la
Geografia di Tolomeo, l'
Historia tripartita di Cassiodoro e il
De civitate Dei di Agostino. L'A. si occupa quindi dell'
Oculus fidei, opera che si divide in due parti distinte: la prima rivela una prospettiva più nettamente teologica, volta ad argomentare le verità della fede cristiana; la seconda parte, che si apre con una descrizione del mondo e si interessa all'impero mongolo, è densa di richiami a racconti di viaggio e a testi geografici. Nel complesso l'
Oculus rivela la dipendenza da un impressionante numero di fonti, che spaziano da scrittori dell'Antichità a mistici contemporanei: Aristotele, Cicerone, Platone. Seneca, Porfirio, Varrone, Macrobio, Ovidio, Flavio Giuseppe si accostano ad Agostino, Gregorio Magno, Girolamo, Cassiodoro, Sulpicio Severo, Gregorio di Tours, Giovanni Damasceno fino a Tommaso d'Aquino, Vincenzo Ferrer, Caterina da Siena e Brigida di Svezia. Non mancano trattati di polemica antimusulmana accanto ad autori altrimenti ricordati sicché Agostino figura accanto al Corano. Inevitabile sorge l'interrogativo sull'accesso del Certosino a un novero così ampio di scritti. È indubbio che egli non ha utilizzato solo i libri della biblioteca della Certosa (che egli stesso ha contribuito a ricostruire) ma, oltre al testimone londinese, sembra aver consultato volumi della biblioteca del Cusano: morto il cardinale nel 1464, forse Teodorico di Xanten può avere facilitato l'accesso alla biblioteca del Cardinale, di cui era familiare. Dettaglio di non scarso rilievo è anche il fatto che il manoscritto londinese, annotato dal Certosino, reca il suo nome. Pur spaziando dall'Antichità tardiva all'Umanesimo, è indubbio che l'
Oculus - marcato dalla teologia universitaria - non è meno pervaso da finalità didattiche ed enciclopediche, plasmate dalla cultura dei Mendicanti e soprattutto dei Domenicani. Ma lo scritto è anche e soprattutto rivolto alla pastorale e a consigli per i fedeli, riflesso dei nuovi movimenti di devozione legati a richiami riformistici che non mancano di ricorrere alla cultura retorica. Due appendici chiudono lo studio: la prima offre un elenco dei manoscritti conservati copiati da Enrico di Diessen (Berlin, SB, lat. 4° 832; lat. 8° 350; germ. 2° 1236; Bruxelles, BR, 200; Köln, Stadtarchiv, W 88; W 119; W 228; W 234; W 235; W 267; W 315; W 132; Darmstadt, HLB, 2 (ff. 83-84); 11; 402; 517; 711; 770; 841; 963; 1075; 1076; 1078; 1079; 1085; 1200; 1230; 1231; 1248; 1250; 2276; 3157; Newark, NJ, Newark Public Libr., 2; Providence, RI, Brown University, John Hay Library, Koopmann Collection 1431 (Phillipps 623); Paris, BNF, n.a. lat. 1004; n.a. lat. 1005; n.a. lat. 1006; n.a. lat. 1007; n.a. lat. 1008; n.a. lat. 1009; n.a. lat. 1010; Wolfenbüttel, HAB, Weiss. 40); la seconda propone l'elenco degli scritti a lui attribuiti quali elencati (1747) da J. Hartzheim
Bibliotheca Coloniensis.
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