L'A. prende in esame alcuni scritti dedicati alla descrizione di Roma. Se nei
Mirabilia urbis Romae, modello di numerosi rifacimenti successivi, la città appare come un luogo razionale e ordinato, nella
Narratio de mirabilibus Urbis di Maestro Gregorio l'Urbe è pervasa da una certa presenza «sovrannaturale» che la rende allo stesso tempo attraente e repellente. L'anonimo
Tractatus de rebus antiquis et situ urbis Romae, risalente al primo decennio del Quattrocento, insiste, invece, sulla decadenza di un posto in cui ormai trova spazio solo la fantasia; Pier Paolo Vergerio, in una lettera a uno sconosciuto amico, insiste, infine, sulle rovine della città, precorrendo l'interesse per le antichità di Bracciolini e Biondo
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